Per la lesione degenerative del menisco, nei Paesi occidentali, il ricorso alla chirurgia è l’approccio terapeutico più frequente. Si stima infatti che circa 300 persone ogni 100 mila si sottopongano alla meniscectomia parziale artroscopica. Ma è sempre la procedura più idonea?
Il British Medical Journal ha pubblicato uno studio della dr.ssa Nina Jullum Kise, chirurgo ortopedico norvegese, la quale ha seguito 140 pazienti, età media cinquant’anni, con lesioni meniscali degenerative e quasi tutti (96%) senza segni radiografici di osteoartrosi. Il trial della dr.ssa Jullum Kise ha messo a confronto 70 pazienti sottoposti per 12 settimane a fisioterapia con 70 pazienti sottoposti a meniscectomia, controllandone i risultati dopo 3, 12 e 24 mesi.
Entrambi i gruppi hanno riscontrato miglioramenti, ma il risultato sorprendente è che non c’è differenza significativa tra i partecipanti che sono stati trattati con approccio chirurgico rispetto a quelli indirizzati al programma che prevedeva solamente esercizi fisici.
Da chirurgo ortopedico ho trattato chirurgicamente oltre un migliaio di ginocchia, tuttavia nell’over ’50, difronte ad una lesione degenerativa del menisco, prediligo spesso anche io una alternativa non-chirurgica. Da diversi anni utilizzo l’ossigeno-ozono terapia con notevole successo. Questa tecnica -con le corrette indicazioni- dà risultati positivi in tempi rapidi e soprattutto migliora la vascolarizzazione locale, riduce l’infiammazione e permette anche alla sinovia di riprendere la sua regolare funzione.
Ma come fare a porre la corretta indicazione e perché si ricorre così frequentemente alla chirurgia che di per se è più invasiva e costosa? Deve sempre essere valutato il singolo caso, evitando di cadere nella trappola della “LESIONE MENISCALE DA RISONANZA” che ben poche volte risulta negativa e spinge medico e paziente ad indicazioni chirurgiche un po’ troppo facili.
Si assiste continuativamente allo stesso film: il paziente per una gonalgia persistente decide di recarsi dal medico di base con la richiesta/pretesa di fare una risonanza magnetica al ginocchio. Non un esame radiografico ma una risonanza perché a suo dire (del paziente): “si vede di più…”. Il medico di fiducia nel 90% dei casi, a volte per ignoranza, a volte per non sentire le lamentele dell’assistito, poco correttamente prescrive la RMN a pazienti over ’50 che avrebbero bisogno in prima istanza solamente di un esame rx e di una accurata visita specialistica.
La RMN nel 90% dei casi descrive una LESIONE (degenerativa) del CORNO POSTERIORE DEL MENISCO INTERNO che crea apprensione nel paziente. Questi si recherà dall’ortopedico che nel 70-80% dei casi lo mette in lista per intervento artroscopico. Ecco perché oggi ascoltando le anamnesi dei pazienti possiamo essere certi della età anche senza avergliela chiesta: se hanno subito una artroscopia hanno tra i 30 e i 60 anni, se non hanno più le tonsille o l’appendice hanno più di 50 anni…tendenze chirurgiche! In realtà la lesione degenerativa del menisco mediale al corno posteriore, è parafisiologica, come la presbiopia o l’imbiancamento dei capelli. Chiaramente, posta diagnosi clinica, se in presenza di una gonalgia di origine meniscale questa dovrà essere trattata con o senza artroscopia.
Diverso il discorso difronte una lesione vera (post traumatica) del menisco che, anche in un over ’70, tratto chirurgicamente e rapidamente onde evitare il danno consensuale della cartilagine.
In conclusione, la diagnosi non si fa con la risonanza magnetica ma con la visita e con l’ascolto attento del paziente e la terapia deve sempre essere personalizzata!